I PERSONAGGI ILLUSTRI
GIURISTA PASQUALE STANISLAO MANCINI Castel Baronia 1817 – Roma 1888
SCULTORE PADRE ANDREA MARTINI Castel Baronia 1917 – Roma 1996
POETA CARMELO ERRICO Castel Baronia 1848 – Roma 1892
DIGNITARO ECCLESIATICO GIAN G. GIORDANO Castel Baronia 1590 – … 1630
DIGNITARO ECCLESIATICO AMATO MASTRULLO Castel Baronia 1612 –Penta di Fisciano (SA) 1676
D'ERRICO FRANCESCO ANTONIO VESCOVO DI ALGHERO Castel Baronia…- 1954
POETA ANTONIO MAZZEO Castel Baronia 1923
P.S. Mancini ( Castel Baronia 1817 – Roma 1888)
P.S. Mancini nacque a Castel Baronia in
provincia di Avellino il 17 marzo 1817, dai nobili Saverio Mancini e
Maria Grazia Riola.Compì i suoi primi studi nel seminario di Ariano Irpino
,dimostrando doti intellettuali prodigiose,che già,in quella tenera età,facevano
presagire la sua grandezza e genialità.A diciotto anni iscrisse il suo nome tra
i più insigni del foro napoletano per la sua mirabile eloquenza sostenuto
sempre dallo zio materno Giambattista Riola, al quale lo aveva affidato la
mamma,donna molto severa.
A Napoli collaborò a diverse riviste e giornali e pubblicò presto un suo
giornale,” Ore solitarie “,fondato da Andrea Izzo, sul quale i suoi articoli
avevano come soggetto sempre il miglioramento e l’approfondimento della
cultura del diritto.La sua sete inestinguibile di sapere lo portò a spaziare
nel campo letterario,scientifico,musicale,nel pensiero filosofico e in tutte
quelle discipline dirette all’attività umana. Eccezionale poliedricità che
non gli fece mai trascurare una sua particolare attenzione alla parola che
divenne vivace,fluida ,vigorosa,nobile,pura,fortemente dialettica,atta,quindi,ad
esprimere con chiarezza ed immediatezza le sue idee.
A ventitre anni iniziò lo studio della filosofia del diritto,con numerose
pubblicazioni,dissertando sui fondamenti giuridici della pena ,gettando le basi
di un sistema scientifico del diritto penale,in cui sosteneva ,filtrandolo
attraverso il diritto civile e pubblico,il concetto della necessità di
riformare la pena ,da intendere non come supplizio,bensì come rigenerazione del
colpevole .Molto si preoccupò, nel contempo, di diffondere nelle nuove
generazioni, il culto per la libertà della patria e per la giustizia sociale.Ma
ormai erano maturi i tempi per una più salda e concreta professione di libertà
costituzionale e di spirito patriottico.Siamo all’epoca della rivoluzione
siciliana al 12 gennaio 1848.Nel 1845 partecipò attivamente al congresso degli
scienziati a Napoli e l’anno successivo a quello di Genova:
All’inizio del 1848 pubblicò il giornale politico “ Il Riscatto “ e tentò
di spingere il re Ferdinando II° sulla via del liberalismo.Eletto nel
Parlamento napoletano,gli fu affidato l’incarico di stendere una protesta
contro un manipolo di soldati che ,durante le barricate del 15 maggio,avevano
invaso l’aula parlamentare.Conseguentemente sciolta la camera,alle nuove
elezioni,il Mancini venne rieletto e si segnalò per varie proposte di legge non
tutte gradite al re che sciolse per sempre il parlamento.Iniziò l’era delle
persecuzioni e Mancini si impegnò a difendere i rivoltosi tratti in giudizio.
Ma fu implicato in un processo politico per i fatti del 15 maggio e
condannato in contumacia a 25 anni di carcere.Mancini con l’aiuto
dell’ambasciatore di Francia riparò in Piemonte,accolto con tutti gli onori
dai più illustri uomini di stato per l’altezza del suo impegno,per il suo
coraggio civile e per la sua costante difesa della libertà e della giustizia.Il
14 novembre 1850 un decreto del governo sardo istituì per lui la cattedra di
diritto internazionale nell’ateneo di Torino e presto il neo professore,nelle
sue dotte lezioni,propugnò un nuovo diritto delle genti Europee,fondato
sull’autonomia delle Nazioni ( 1851 ),sostendo esservi nel mondo due specie di
stati : uno costituito da un aggregato di provincie appartenenti a nazionalità
diverse e soggetto,proprio per la sua eterogeneità,ad alterarsi e a perire,un
altro costituito da stati creati dalla natura,sono gli stati nazionali –
immutabili e quasi eterni,fuori comunque dalla accidentale e contingente azione
dei trattati,ma sostenuto da una giustizia internazionale,capace di svolgere
azioni di arbitrato e di proporre rimedi contro qualsiasi forma di arbitrarietà.Nel
1855 Mancini,in concorrenza con Cassinis,altro illustre avvocato del foro
Torinese fu eletto deputato nel collegio di Dogliani,ma rinunciò a favore del
concorrente.Nel 1859,ripresentatosi ancora candidato al parlamento Sardo,risultò
eletto contemporaneamente nei collegi di Vigevano e Sassari ed optò per questo.In
questa nuova funzione votò contro l’annessione di Nizza alla Francia,tentò
una autorevole conciliazione tra Cavour e Garibaldi non del tutto discordi nella
situazione politica di appartenenza. Quando
Padre Andrea Martini ( Castel Baronia 1917 – Roma 1996 )
Padre Andrea Martini
nacque a Castel Baronia, in provincia di Avellino
il 05.03.1917.Fu iscritto all’anagrafe comunale e nei registri parrocchiali
col nome di Giuseppe; si chiamò “ Padre Andrea “ nel 1940, quando venne
ordinato sacerdote.La sua fu una famiglia numerosa composta dai genitori e da
ben 9 figli.Sin dalla tenera età dimostrò vocazione sia religiosa che
artistica; infatti già da piccolo con la creta fabbricava altarini ed arredi
sacri.Presto entrò nel seminario serafico di Orte in provincia di Viterbo e nel
1940 fu ordinato sacerdote dopo aver concluso con pieno merito gli studi
classici e teologici.Successivamente completò anche quelli artistici presso
l’Accademia di Belle Arti di Roma, che frequentò non senza problemi di
carattere moralistico, essendo, lui frate francescano, costretto, con scandalo
per tutti ed anche per i sui stessi superiori a, rispettare le regole generali
della scuola, quale, ad esempio, quella di disegnare modelle senza veli.Lo
scandalo rientrò quando potè tornare all’Accademia in “ Borghese “.Gli
ultimi due anni di corso furono dedicati alla scultura ed ebbe come maestri
Giuseppe Romagnoli, che teneva in Accademia un corso sulla medaglia e Giampaoli,
incisore della Zecca.Per arricchire ed approfondire la sua preparazione
artistica e le sue già vaste conoscenze di pittura, scultura ed architettura
Padre Andrea visitò assiduamente musei, gallerie e mostre e molto viaggiò,
allo stesso fine in Europa, Africa e nelle Americhe.Dal 1959 trovò fissa dimora
nella pace del Convento di San Bartolomeo a Roma , all’isola Tiberina.Per sé
restaurò alcuni locali attigui alla Chiesa di San Bartolomeo, ricavandone una
splendida galleria, dove lavorò sino agli ultimi dei suoi giorni.Padre Andrea
Martini è considerato l’artista di arte sacra più completo che abbia avuto
Delle
molte opere rifinite in bozzetti o modelli vari, gran parte è sistemata nella
splendida galleria attigua alla chiesa di S. Bartolomeo; una piccola parte –
si tratta di bronzi di modeste dimensioni – è nella casa natale
dell’artista o sistemata lungo le sue mura perimetrali e costituiscono una
galleria personale insieme a quadri, a statue sacre di santi e a busti di note
personalità esistenti nella galleria di Roma.Il Martini trasse pure ispirazione
dalla danza classica e dallo sport, un mondo per lui affascinante, a cui dedicò
la sua attenzione ed attività con bronzi divenuti di proprietà di privati
italiani ed esteri e riferiti al tennis, al ciclismo, alla boxe, al salto con
l’asta, alla corsa, alla lotta libera, al lancio del martello, perché
offrivano la possibilità di mettere in evidenza movenze armoniche, eleganza di
gesti e perfette fattezze fisiche degli atleti.In occasione delle Olimpiadi di
Montreal l’artista volle essere presente con una trentina di bozzetti che
ritraggono atleti lanciati verso il successo.Pregevoli sono, per la grande
emotività che risvegliano a prima vista e per l’alto senso religioso che li
permea, alcuni particolari della “ Via Crucis “, che rappresentano tutta la
tragicità della dolorosissima passione di Cristo; vanno ricordati: il
tradimento di Giuda, Gesù che cade sotto
Carmelo Errico(Castel Baronia 1848 - Roma 1892 )
Carmelo Errico nacque a Castel Baronia (in Provincia di Avellino)il 19 febbraio 1848 da Carmine e da Geremia Gervasio,qualche mese dopo la morte prematura del padre.Fu registrato all’Ufficio di Anagrafe locale e della Parrocchia col nome di Carmine,ma sin dalla nascita amici di famiglia,parenti e familiari lo chiamarono Carmelo.Nel piccolo comune irpino trascorse gran parte della sua fanciullezza e compì i suoi primi studi nel liceo di Benevento ; frequentò poi i corsi della Facoltà di Giurisprudenza presso l’Università degli studi di Napoli,conseguendo il diploma di laurea appena ventenne.A Roma,dove ebbe una prima residenza anagrafica e professionale, poté vantare l’amicizia dell’illustre e già assai noto concittadino Pasquale Stanislao Mancini,grande giurista ,docente di Diritto Romano presso l’ateneo romano e successivamente professore emerito di Diritto Internazionale e Diritto Privato e Pubblico presso l’Università di Torino,quindi ministro degli Esteri del Governo di Sinistra (1881 - 1885) e più volte titolare di altri dicasteri.L’amicizia di Mancini gli fu molto utile,perché servì ad introdurlo nell’ambiente colto e borghese della capitale,dove conobbe Gabriele D’Annunzio,Francesco Paolo Michetti e Matilde Serao,scrittrice e giornalista,moglie di Scarfoglio,fondatore del giornale napoletano “ Mattino”.Presto si affermò come valente avvocato,pur curando con grandissima passione e profondo interesse la poesia e la musica.L’attività forense lo portò a soggiornare nella città di Napoli,Firenze,Forlì e soprattutto a Roma.Sin dalla tenera età fu affidato alle cure affettuose dello zio Nicolantonio Errico,provveditore agli studi di Forlì,presso il quale ebbe sempre amorevole ospitalità.Tale rapporto divenne più frequente e si consolidò quando nel 1875 rimase orfano anche della madre.Nei suoi frequenti spostamenti,dovuti ad impegni professionali,ebbe modo di allargare la cerchia degli amici frequentando oltre quelli già acquisiti a Roma,Costantino Barella,Francesco Paolo Testi,Guido Boggiano,Aristide Sartorio e molti altri.Tutti ebbero in alta stima la sua arte poetica,tanto che Gabriele D’Annunzio giudicò le poesie “liriche d’amore caste ed armoniose” e F.P.Tosti ritenne che il pregio principale di tutte le liriche dell’Errico fosse la musicalità,per essere state “… cantate sulle note di una melodia malinconica …”.Grazia Mancini Pierantone, moglie del giurista P.S.Mancini,paragonò la poesia dell’Errico a quella del grande poeta e musicista irlandese Thomas Smoor .Ciò non vuol dire che Carmelo Errico godesse di ampi apprezzamenti dalla critica contemporanea,che lo tenne al margine,insieme ad altri artisti irpini,ma vuol significare soltanto che la sua fu quasi una scelta a prendere parte attiva a quella vita culturale,che animava gli ambienti frequentati a Roma e più tardi a Francavilla al Mare,per nulla preoccupandosi di altri riconoscimenti A Francavilla al Mare,luogo dei suoi soggiorni estivi,frequentò il “ Cenacolo “ famoso circolo culturale,aperto da Francesco Paolo Michetti,pittore verista,influenzato dal Decadentismo e lì , presso il convento si davano appuntamento frequente Matilde Serao,Eduardo Scarfoglio,Carmelo Errico,De Nino, Barbella,De Cecco e non poche volte Sartorio e D’Annunzio.Feliciano Campitelli,a cura di Grazia Pierantoni Mancini.Una quarta ristampa del settembre 2000 è stata curata dagli “Amici del libro Abruzzese”-Montesilvano-.Questa raccolta è divisa in tre sezioni;”Vecchia Storia”(32 liriche),”Sognonovo” (30 liriche) e “Poesie nuove” (32 liriche) ed è la breve storia di un’anima sensibile.In essa rimbalzano più forti ed appassionati tutti i motivi delle precedenti poesie, ispirate al più elevato idealismo; di questi i più profondi e peculiari sono: l’amore, il sentimento religioso, la malinconia, il ricordo accorato del paese natio e la ricerca di musicalità del verso.Il motivo conduttore delle composizioni liriche delle varie raccolte di poesie di Errico è sempre una diffusa malinconia, che non cade mai nel pessimismo o nello scetticismo di stampo leopardiano, perché la poesia è vivificata ed attraversata da un senso religioso della vita, da ricordi di un mondo semplice, popolato di persone e cose presenti nell’animo del poeta in una funzione serenatriceDomina poi nel verso un bisogno di sonorità verbali e musicali, ma soprattutto di luce, di semplicità espressiva lontana da ogni forma di artificiosa costruzione in linea con il decadentismo di fine secolo 800 che non significò crollo o decadenza di valori, ma solo un nuovo modo di intendere la poesia, una poesia cioè fatta in genere di piccole cose, di trepide sensazioni, della ricerca di espressioni nuove, che rendessero l’esigenza di una estrinsecazione dell’Io più intimo, del gusto della parola vaporosa e della poesia - musica.Perciò resta difficile accettare il giudizio del Croce, secondo cui le poesie di Carmelo Errico sono “… Scialbe composizioncelle, tutte frasi e immagini logore e generiche …” Ciò non è vero perché le tematiche trattate dall’Errico sono quelle stesse poste a base del tardo romanticismo, confluito nel Decadentismo e che il poeta francese Bosseville ritenne essere “ … le sorgente di emozioni le più potenti del cuore umano: la religione, la patria, l’amore, la malinconia …”Per questo Carmelo Errico certamente non rappresenta una voce solitaria di poeta nella seconda metà dell’800 italiano, ma un autentico figlio del tempo, della levatura dei più autorevoli poeti di quel periodo.
Gian Giacomo Giordano( Castel Baronia 1590 - … 1630 )
Gian Giacomo Giordano nacque a Castel Baronia verso il 1590 e fu battezzato col nome di Girolamo. Approssimativa è la sua data di nascita, non si conosce quella della morte.Fu avviato alla vita monastica a Montevergine, dove cominciò il noviziato e nel 1612 fece la professione religiosa.Studiò filosofia e teologia nei monasteri di Casamarciano e di Napoli e qui fu ordinato sacerdote nel 1617.Presto si acquistò fama di grande ingegno, tanto che nel 1620 fu nominato segretario del Capitolo Generale di Montevergine e nel 1621 abate della Congregazione Verginiani.In forza di una norma della Congregazione un abate rimaneva tale a vita e si spostava di monastero in monastero ogni tre anni. Giordano cominciò il governo di vari monasteri dal 1621 – 1622, sino ad essere nominato procuratore Generale di Roma ( 1629 – 1630 ) acquistando così una vasta esperienza.Quando nel 1630 morì l’abate generale della Congregazione Pietro Danuscio, si riunì il capitolo generale, che, sotto la presidenza del cardinale Boncompagni, arcivescovo di Napoli, al terzo scrutinio, elesse Giordano nell’ ufficio ricoperto dall’abate Danuscio. Dal cardinale Boncompagni ricevette nella cattedrale di Napoli la solenne rituale benedizione d’investitura.Nei quattro trienni ( 1630 – 33 / 1642 – 45 ) di governo, come abate generale, dimostrò forte impegno e capacità non comuni nel far eseguire opere grandiose.Il Giordano, sia pure tra polemiche e numerosi invidie, tentò di fare una storia ampia di Montevergine intitolata “ Croniche “, ma l’opera, nonostante l’abbondanza di materiale raccolto, non andò oltre la vita di San Guglielmo, fondatore dei monte Vergine. Si rifece tuttavia pubblicando nel 1643 la “ Vita di S. Guglielmo “.Si può ritenere quella dell’abate Giordano una figura di religioso amante delle regole monastiche;nel periodo in cui fu vescovo di Lacedonia, fu pastore severo e illuminato, e spese la vita nella creazione di opere, soprattutto chiese e monasteri, costruiti o ristrutturati quando era abate. E’ evidente però che, dopo oltre tre secoli, molte di queste opere sono andate distrutte o se n’è persa la memoria.Come abate generale dedicò tutte le sue energie, avendo come tecnico attivo collaboratore l’architetto Gian Giacomo Conforti, professionista di grandi capacità e di gusto raffinato, alla ripresa dei lavori della Chiesa – Santuario di Montevergine, iniziati da anni.La costruzione fu curata nei minimi particolari nelle navate, nelle cappelle, nell’altare maggiore, nel presbiterio, nelle statue, nel coro. Ancora oggi si può ammirare la ricchezza della decorazione, i marmi policromi ed in modo particolare la bellezza dell’altare maggiore e gli stucchi abbondanti e saggiamente dosati, che rendono particolarmente piacevole il santuario.Radicali restauri l’abate fece eseguire anche nel refettorio monastico. Importante fu pure la creazione di una libreria, trasformata in sala lettura.Su tutti i lavori il Giordano ebbe cura di lasciare quasi una sua firma, i suoi stemmi diffusi ovunque.
Antonio Mazzeo ( nato a Castel Baronia 9.2.1923 )
Personalità del passato hanno movimentato la storia di
Castel Baronia, rendendo famoso il piccolo centro irpino in Italia e all'estero
per decenni.
Si farebbe torto a tale storia, nella sua continuità, se non ponessimo
attenzione su un altro suo figlio,altrettanto famoso per cultura e genialità
artistica.
Si tratta del poeta Antonio Mazzeo, che a Castel Baronia è nato il 9.2.1923
trascorrendovi lunghi periodi della sua vita, salvo tratti vissuti fuori per
motivi professionali o familiari.
Mazzeo, va subito detto, ha dato lustro al paese natio in vari campi: nella
politica, nell'insegnamento e soprattutto nella poesia.
Fu eletto sindaco tra i più giovani d'Italia, aveva soltanto ventitré anni e
resse tale carica per più consiliature, dando prova di capacità, di dinamismo
e di spirito di servizio, sempre teso al bene di tutti i suoi amministrati. Ed
in questa ottica prestò la sua attenzione alla cultura in un ambiente non
ancora del tutto libero da sacche di analfabetismo, adoperandosi con ostinatezza
per l'istituzione, nel 1959, di una scuola media tradizionale, che per molti
anni vide convergere a Castel Baronia studenti da tutto il territorio della
antica Baronia di Vico.
In questa istituzione scolastica egli stesso fu docente di materie letterarie,
essendosi laureato in Lettere Moderne presso l'Università Federico II di
Napoli. Va senza dire che in tale sua attività diede prova di grande cultura,
di raffinatezza di eloquio e di forte capacità di trasmettere nei suoi allievi,
con risultati altamente positivi, formazione umana e cultura letteraria. Mazzeo
poeta, già prima di abbandonarsi nell'affollato agone delle Muse, stabilisce
poco più che ragazzo un connubio artistico con un poeta dell'Ottocento, pure
nativo di Castel Baronia, tutto fondato su condivisi sentimenti delicati e
gentili. Il conterraneo è il poeta Carmelo Errico, che il Nostro stimò
ed amò, nonostante la distanza secolare di tempo e di spazio che li divide, al
punto che ne assume una difesa vigorosa, quando amaramente si accorge che
l'Errico è stato per lunghi periodi dimenticato dai suoi concittadini, dalla
gran parte della critica contemporanea e bistrattato dal Croce in un suo
caustico giudizio critico. Nel primo caso, in una lirica dal titolo "A
Carmelo Errico", si scaglia severamente contro "questa gente / che con
cipiglio obietto ti bistratta".Ovviamente la "rude gente" è
quella dei conterranei, che, attanagliati, ieri come oggi, da preoccupazioni
meramente materiali, da analfabetismo su vasti strati della popolazione, o
"al vii guadagno intesa", nessuna grata memoria dimostrò verso chi
con passione aveva cantato nei suoi versi il luogo natio nelle circostanze e
situazioni più disparate. Questa lirica si chiude con un umile atto quasi di
riparazione da parte del Mazzeo contro ogni forma di indifferenza e di oblio:
"io ben ti dico e credimi /nessuna rosa o fior / perde l'incanto dì sue
eccelse note".
In un'altra poesia dal titolo "Contro un filosofo sbagliato" Mazzeo
non risparmia strali infuocati neanche contro il filosofo Benedetto Croce, che
aveva definito i versi errichiani "scialbe composizioncelle tutte frasi e
immagini logore e generiche" sottolineando che il Croce "con brutalità
truce / ha tradito la grandezza/dell 'ibleo Carmelo Errico /forse più alto di
luì".
Di contro alla limitata produzione poetica di C. Errico, di cui ci sono
pervenuti tré volumi: "Versi", -'Malinconie" e
"Convolvoli", una limitazione imputabile dalla morte prematura del
poeta avvenuta in Roma all'età di 44 anni, il Mazzeo nella geografìa del mondo
poetico è come un fiume in piena. Di lui infatti si conoscono le seguenti
raccolte di liriche, senza contare le poesie inedite, che di certo, come risulta
dai cataloghi della Biblioteca Comunale P.S.Mancini di Castel Baronia, sono
numerose ed attendono una sistemazione editoriale e tematica:
"Riverberi" (1973), "Faville Interiori" e
"Armonie" (1974), "Trionfo della Fede" (1998),
"Sole", "O Rosa" e "Poeta" (1999), "Divina
poesia" (2000), "La madre è amore" (2000), "Rami in
fiore" (2000) e infine "Poesie Sidernesi" (2005). Le liriche
contenute nelle citate pubblicazioni sono complessivamente 674.
Una sì gigantesca mole di composizioni non poteva sfuggire
all'attenzione della critica e di non pochi lettori fuori dell'ambito
campanilistico. Numerosi allori e riconoscimenti significativi furono perciò
conseguiti dal Nostro in concorsi nazionali ed internazionali. Ed ecco i
principali premi di poesia vinti in essi: "Nave Raffaello" nel 1971,
premio "Aspromonte 1972", premio internazionale di poesia "Ungaretti"
consegnato in Campidoglio a Roma tra i tanti concorrenti e, con la stessa
motivazione e modalità di consegna, vinse il secondo premio "Ungaretti"
nel 1973, premio "Edgardo Poggipollini" di Ferrara e inoltre
"Gran Premio Italia 1973" e premio "Sorrento" 1973. Ed
ancora altre onorificenze: nomina di "Accademico dei 500", Accademico
intenazionale "Burckhardt", "Membro dell'Unione mondiale di
Cultura", Concorso internazionale "Città di Cassino" del 1974,
"Gran premio Italia 1974" di Sorrento per il testo "Faville
interiori".
Numerose sono state pure le recensioni giornalistiche in molte parti d'Italia.
Il 2 giugno 2000 fu insignito della onorificenza di Ufficiale dal Presidente
della Repubblica Ciampi. A questo punto è di obbligo chiedersi: ma chi è
Antonio Mazzeo poeta? La risposta più calzante l'ha data il critico Pasquale
Palma nella sua prefazione ai "Riverberi", definendo Mazzeo
"Poeta schietto e vigoroso, che possiede una disposizione naturale alla
poesia, una tendenza congenita a cogliere le vibrazioni del mondo inferiore e
della realtà che lo circonda". Per queste sue innate capacità riesce
infatti con facilità a trasferire nel mondo di Euterpe tutto ciò che cade
sotto la sua attenta osservazione: ispirazioni sentimentali, fatti occasionali,
moti dell'anima profondamente interiori e infiniti altri motivi legati ai
ricordi della sua vita. E' diffìcile tuttavia tracciare una linea di sviluppo
nella poesia di Mazzeo, perché, salvi pochi casi, mancano una o più linee
tematiche costruite intorno ad argomenti e ad ispirazioni specifiche. Bisogna
tener presente, a tal riguardo, che il poeta, dotato anche di un'accesa e
fervida fantasia, riesce a trovare facilmente intorno a sé e dentro
innumerevoli spunti d'ispirazione. Lo colpisce infatti un cielo stellato, le
ombre della sera, i monti lontani, un fiore di campo, un bel viso, un paesaggio
invernale, una fontana zampillante, la primavera coi suoi molteplici colori,
profumi e tanti altri soggetti autunnali o i dolci incanti della notte. Tutto
trova una spiegazione, se si pensa che egli, senza soluzione di continuità,
vive di poesia e per la poesia.